Column N.03 – Metsatöll & Pensées Nocturnes (2019)

 

I Metsatöll sono una di quelle poche, pochissime, band Folk Metal (forse l’unica?) a non aver riscosso successo plurilaterale ampiamente meritato -per particolarità e talento- nonostante operanti in quel periodo di esposizione mediatica massima del genere ormai datato quasi una decina d’anni fa. Certo, i tour europei a supporto di grandi nomi non sono mancati, così come non è stato risparmiato il parallelo approdo discografico su una quasi-major del calibro della finlandese Spinefarm che già stava in quel periodo perdendo tutti i suoi nomi di punta (nel genere e non).
Tuttavia i Metsatöll sono sempre rimasti, in un certo qual senso per malcelata volontà, abbastanza isolati nella loro più ristretta dimensione local-nazionale, forse, proprio per questa ragione geografica e attitudinale stilisticamente unici e incontaminatamente pedissequi nel formulare la loro visione di un genere che ha visto -prima- un affollamento inverosimile e -poi, al cambio della marea- l’abbandono da parte di media ed etichette che lo avevano così velocemente eretto a nuova sensazione.
Non è pertanto un caso, né sorprende, che l’ormai americana d’adozione Spinefarm abbia scelto di non puntare più sulla band da qualche tempo (era già stato strano, per chi scrive, il ben poco promosso rilascio -probabilmente contrattualmente programmato in precedenza- dell’ultimo “Karjajuht” nel 2014) e che il quartetto abbia scelto finalmente di rilasciare il prossimo 23 febbraio il suo settimo full-length intitolato “Katk Kutsariks”, autoprodotto con i sostanziosi fondi per la cultura dello stato estone che da sempre sembra affezionatissimo alla band. Per spargere la notizia a macchia d’olio (o -coerentemente con titolo, concept e con l’al solito mozzafiato artwork di Jüri Arrak– come pestifera essenza) il gruppo ha saggiamente scelto di rilasciare in anteprima la title-track (corredata dell’intro “Toona”, che si suppone sarà anche opener) dimostrando quanto gli anni e le avversità abbiano portato in casa ben più maturità e capacità che non possibile sconforto e passi indietro. Ritmiche serrate, dolci aperture di affezionati e distintivi strumenti tradizionali, momenti di grande emozione affidati alla maestosità cupa dei cori, pattern stilistici convergenti, fulminee detonazioni in frammenti impazziti di blast-beat; sono solo alcuni degli ottimi ingredienti di supporto a un pezzo energico, completissimo e corredato d’ispirazione invidiabile e di quella unicità di stile e approccio che i nostri possono vantare da tempo. Non senza qualche sorpresa.

Lo trovate su YouTube.

Tracklist:
1. “Toona (Intro)”
2. “Katk Kutsariks”

3. “Ebavere”
4. “Kange Kui Raud”
5. “Ballad Punastest Paeltest”
6. “Talvehambad”
7. “Kurjajuur”
8. “Tõiv”
9. “Metsaviha 4”
10. “Metsaviha 5”
11. “Koduhiite Kaitsel”
12. “Lemmingu Unelaul”
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Sorprese ne troveremo anche nel nuovo Pensées Nocturnes. E guai, in verità, non fosse così!
Sorprese auspicatamente più piacevoli di quelle che la band ha proposto negli ultimi tre sfortunati capitoli discografici, ovvero in seguito a quell’intraprendente secondo album intitolato “Grotesque” che nel 2010 aveva fatto intra-sentire possibilità e premesse -ad oggi mai pienamente mantenute- di qualcosa di originale, decadentemente neoclassico ed elegantemente malato e deviato, che tuttavia non suonasse e scadesse nello sterilmente forzato, nel volontariamente slegato o (ancora peggio) nell’avanguardistico e strano ad ogni costo. In poche parole: il risultato di quella che infastidisce come un’esagerazione fine a sé stessa.
Riavvolgiamo il nastro e torniamo al 2019, ad ogni modo, perché a giudicare dalle due anteprime donate da Les Acteurs De L’Ombre Productions, “Grand Guignol Orchestra” (sesto full-length del pittoresco gruppo francese in arrivo il primo giorno di febbraio) potrebbe finalmente quadrare il cerchio sull’operato a tratti disastroso intercorso tra “Ceci Est De La Musique” e l’ultimo “À Boire Et À Manger”, ovvero la serie di tre dischi che aveva portato le coordinate estetiche e stilistiche del gruppo a definirsi attorno a quella coraggiosa dimensione tra il circense, la parodia della musica da camera ed il completamente folle che, seppur intrigante sulla carta, non era ancora riuscita a colpire con un risultato che fosse pienamente soddisfacente in musica.
Fino ad oggi. Sia “Les Valseuses” che “Deux Bals Dans La Tête” riportano infatti in pista, e con ferma decisione, tutto il potenziale che l’operato del mastermind Vaerohn aveva in precedenza dimostrato, facendogli raggiungere una dimensione ancor più grandemente delineata nella sua follia, finemente cesellata nel suo essere sperimentale ed imprevedibile; come primo approccio, in particolare il secondo pezzo merita il suo spazio d’ascolto domenicale: ottoni impazziti, strumenti classici violentati e melodie chitarristiche da giocoliere sull’incedere in levare, poi dissonanze senza freno pentagrammatico a schizzare in mezzo a ritmi sincopati e sballati, una raminga fisarmonica tutta francese e la ciliegina di vocals diperate che sovrastano altre urla da manicomio.
Descrizione che sembra caotica? Il risultato lo è dieci volte tanto. Il fatto è che da diverso tempo quello dei Pensées Nocturnes non lo era in modo così splendente.

Lo trovate su BandCamp.

Tracklist:
1. “Un Trop Plein D’Rouge”
2. “Deux Bals Dans La Tête”
3. “Poil De Lune”
4. “L’Alpha Mal”
5. “L’Etrangorium”
6. “Les Valseuses”
7. “Gauloises Ou Gitanes?”
8. “Comptine À Boire”
9. “Anis Maudit”
10. “Triste Sade”

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Matteo “Theo” Damiani

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